JACK SAVORETTI: Non colpisce duro ma ti accarezza (Recensione concerto) #JackSavoretti #SingingToStr
- Luca Trambusti
- 18 apr 2019
- Tempo di lettura: 3 min

SINGING TO STRANGERS TOUR
17 Aprile 2019
Fabrique
Milano
Voto: 7
Di Luca Trambusti
Risale esattamente ad un anno fa (16 Aprile 2018) l’ultima esibizione live di Jack Savoretti a Milano. In quell’occasione (leggi qui recensione) il musicista italo inglese si era presentato semplicemente con la chitarra acustica, rileggendo le sue composizioni in estrema solitudine e grande intensità (inclusa la conclusiva bellissima rilettura di “Vedrai Vedrai” di Tenco). A pochissimo tempo di distanza dall’uscita del nuovo album “Singing To Strangers” Savoretti si rimette in tour e decide di partire proprio dalla “sua” Italia (che lo ha sempre accolto a braccia aperte). La prima data del tour europeo è quella di Padova a cui segue l’appuntamento milanese con Roma a chiudere il trittico. Se al Dal Verme lo scorso anno il cantautore si è presentato in solitudine, ora lo fa con una band che vede chitarra, basso, batteria, tastiere e violino con lui (voce e chitarra) sul palco.

Dunque l’impatto e lo spettacolo che regala al pubblico sono differenti, ma non dissimili. La cifra stilistica e la scrittura del songwriter sono tali per cui l’intensità resta la chiave di lettura principale di un concerto di Savoretti, tanto che, a parte gli ultimi brani, quando spinge maggiormente sull’acceleratore, l’ascoltatore non viene mai colpito duro, piuttosto accarezzato, cullato dalla delicatezza ed eleganza della sua musica.
Il concerto del “Singing To Strangers Tour” è diviso in tre distinte parti: la prima ci porta in un mondo folk, soul e da songwriting pop molto delicato, in cui il violino e le tastiere hanno un ruolo primario ancor più della chitarra che solo in alcune occasioni prende il comando delle operazioni. E’ il momento delle ballate in bilico tra energia e delicatezza, condite con la melodia che tuttavia non è mai stucchevole o banale. Gli arrangiamenti sono eleganti, concreti, essenziali ed appunto gli archi (veri o sintetici) sono spesso protagonisti (come d’altronde anche sul nuovo album).
La seconda parte è invece quella più intima, che inizia in solitudine e poi cresce per addizione. Prima solo piano e voce (Savoretti scherza e si diverte con il pubblico raccontando il suo rapporto con il piano, il doverlo suonare live per una scommessa persa prima del tour; il tutto per, come dice lui, “nascondere” alla platea la sua scarsa abilità pianistica ed ingraziarsi gli ascoltatori), poi voce e violino ed infine voce, violino e piano (suonato dal tastierista) (A proposito sul lato verticale del piano è applicata una bandiera di Genova). Ancora prima di tutto questo però, ad aprire la sezione “acustica”, c’è un omaggio alla canzone italiana, quella con cui (ormai lo sappiamo) Jack è cresciuto. Ed ecco allora che (probabilmente solo nella scaletta italiana) appare una versione voce e chitarra di “Ancora Tu” di Lucio Battisti.
Arriva infine la terza parte, quella in cui Savoretti scende nel terreno del rock. Anche qui tutto è “delicato”, è un approccio “morbido” con la voglia di parlare forte più che di strillare. A punteggiare le canzoni appare spessissimo una chitarra funky e si arriva anche alla funky/disco. E’ il momento in cui introducendo “Touchy Situation” lo annuncia come il “brano scritto con Bob Dylan”. La storia in realtà è altra e lui ha “semplicemente” musicato un testo di Bob Dylan, il quale ha però avallato la versione dell’inglese. Nell’ultima parte del concerto la voce si fa più roca e nei brani finali dell’esibizione, quelli più “duri” e corposi, c’è una dilatazione musicale con lunghe code e fughe strumentali, chitarristiche.
Interessanti anche le dichiarazioni di Savoretti dal palco che, parlando della band, dice essere composta da inglesi, brasiliani, danesi e poi lui (Giovanni Edgar Charles Galletto Savoretti) anglo italiano con madre di origini tedesche, ebree e polacche. “Questo è un palco internazionale, noi andiamo oltre le lingue e gli stati”. Ed ancora, parlando del titolo dell’album ““Singing To Strangers” dice “Strangers significa straniero ma anche sconosciuto. Penso che non ci siano stranieri ma sconosciuti da conoscere”. Un bel messaggio.
Indubbiamente Jack Savoretti in Italia si sente a casa (ha voluto registrare il nuovo disco a Roma), paese dove sono le sue radici soprattutto quelle culturali e musicali (è cresciuto ascoltando con il padre i grandi cantautori nazionali) ed è un paese che lo ha accolto veramente bene (anche se il suo successo è radicato ovunque). Di certo questo lo mette a suo agio, non ha difficoltà e barriere linguistiche, ama raccontare e qui lo può fare certo della comprensione. Sa anche mettere a proprio agio l’ascoltatore presentando in chiave live una musica ben scritta, arrangiata e suonata.
E’ un concerto piacevole da ascoltare con grande tranquillità gustandone sfumature e differenze.
Una godevole conferma in ogni sua forma (band e solo).
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