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ALL YOU NEED IS LIVE: Bombino Explosion (Recensione concerto) - #RadioPopolare #TommyKuti #Diodato #

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 9 set 2017
  • Tempo di lettura: 4 min


ALL YOU NEED IS LIVE

Festa di Radio Popolare

8 Settembre 2017

Carroponte, Sesto San Giovanni (MI)

di Massimo Pirotta

Foto di Gabriele Mileti-Nardo e Federico Vegetti

Attiva e non allineata dal 1976, Radio Popolare è sempre stata una delle frequenze più ascoltate e discusse, tanto che è diventata un network nazionale. Informazione a iosa, microfoni aperti e pure senza filtri, il tu per tu con gli ascoltatori abbinati a ciò che succede in ambiti artistici (teatro, musica, cinema). Il mondo dell'editoria, delle sottoculture che emergono e vogliono un posto al sole. E soprattutto: la diretta dalle piazze in movimento, i reportage, le ospitate in studio e dove "segue dibattito" non è tabù. Ora (ieri sera) da splendida quarantunenne dallo sguardo provocante, anomalo, arguto quando si fa strabisco-vincente (cioè per nulla incline a manovre da sottobanco), si veste di "restyling style" e invita i fan all'annuale kermesse in cui la musica dal vivo è la principale fonte attrattiva. Sul palco, quattro realtà molto diverse da loro. Tanto per non cadere nella trappola del sound "a numero chiuso" e in grado di soddisfare più palati ed appetiti musicali. La musica che gira intorno, in simultanea, con la spina attaccata e che vuole essere narrazione di diversi stati d'animo. Purtroppo, nonostante gli enormi sforzi organizzativi è venuto a mancare il pubblico delle grandi occasioni (saranno stati 1.500 - 2.000 i convenuti, contro magari quei 7mila quando fu"boom boom"). Si è assistito a momenti alti, dall'enorme carica suggestiva ma non sono mancati alcuni (pochi) frangenti che qualche dubbio hanno lasciato

Tommy Kuti. Al giovane rapper nigeriano, ma di fatto italiano (da anni figura artistica e stanziale in quel di Brescia) è toccato aprire "la in ghingheri one night". Ore 19.30 o poco più, orario insolito per le platee dei live. Quindi uno sparuto gruppo di persone sotto il palco. Ma Tommy Kuti è particolarmente loquace e fisico e non rinuncia ad invitare alla partecipazione attiva. A ragione, rivendica le sue origini quanto il suo diritto alla cittadinanza ("Afroitaliano" è uno dei suoi brani più gettonati"), non pare incline a certi neo-conformismi dell'attuale scena hip-hop italiana (cioè il prevedibile andirivieni rima baciata, apertura neo-melodica, ritornello glocal con relativo tentativo di diventare tormentone stagionale, l'immancabile invito "su le mani raga"). Spinge l'acceleratore su tematiche "altre" anche se è preda di espressioni che non vanno oltre l'agire sloganistico e sono bisognose di ampliare ulteriormente i contenuti. Quando poi esegue "La cura", il suo social-hit con tanto di visualizzazioni massificate appaiono sul palco due giovanissime e ginniche ballerine che si dimenano alla più non posso rendono la "scena" amarognola, con precipizi kitsch e che mettono in secondo piano il testo della canzone. Se son fiori, fioriranno e per incoraggiamento... Voto: 6


Diodato. Impeccabile, raffinato ed elegante. Supportato da una band coi fiocchi, "la mia banda suona il rock" e dotato di un eccellente timbrica vocale, regala ai presenti un set senza sbavature e in continuo crescendo. Emerge tutto il suo mondo introspettivo e lontano da banali esposizioni.

E' l'intrecciarsi di chi porta solo guai, degli interrogativi quotidiani, del bisogno d'amore (sempre), di verità dimenticate. Il tutto in chiave tutt'altro che melensa. Anzi, l'esatto opposto: percussiva, tagliente, pluridirezionale. Tiene a precisare la sua immensa gioia nell'essere partecipe di questa serata-evento e con disinvoltura e chiarezza di intenti attacca "Amore che vieni, amore che vai", frammento del fabriziodeandrè-pensiero riposizionato come un diaro simbolico e per nulla ingiallito. Tra i brani "Uomo fragile", "Babilonia" (la sanremese), "Cosa siamo diventati", tre esempi dalle proverbiali capacità compositive e della sua capacità di relazionarsi con il pubblico in maniera disinvolta ed ammiccante. Voto: 8

Bombino. Uno spasso, jam ad oltranza, esibizione che guarda ed è all'infinito. Inframezzare, accumulare, personalizzare, rendere utile per il domani, nomadismi e ipnotico sostare, accelerazioni e onde sonore sulle dune, metropoli jingle-giungla che invita alla danza, ritmi forsennati, l'appropriarsi e rendere ancora più mobili e fluttuanti soul, blues. Un tantino di rimandi reggae, creare impasti: dall'afro-rock chitarristico ad un sorprendente seppur breve "cortometraggio" alla Santana, da un coraggioso intervento che sa persino di avant-prog al drumming con carta d'identità jazz-rock. Il basso che slappa ed è autorevole black-funk. Un'ora di esecuzioni strumentali e non, tecnicamente perfette ma soprattuto capaci di interagire con il pubblico, creando un feeling dal quale è impossibile sottrarsi. E' un animato invito con più paragrafi. Continua evoluzione, fortemente libertaria e dotata di visualizzazioni con più angolature. Voto: 9


Le Luci della Centrale Elettrica. Mi ha sempre attirato il posizionarsi alieno di Vasco Brondi nella cosidetta scena indie, semi-indie, un pò overground e un pò underground. Il suo essere virtuoso equilibrista nel new millenium, con gli anni zero già passati e gli anni dieci fra non molto al capolinea e "sotto attacco". Il Vasco, questo Vasco, è un paroliere coi fiocchi. Ha il dono di elargire parole che fanno riflettere ed inducono a più rimandi. La sua è un'inquietudine che lo porta alla separazione e in egual misura all'amalgama di approcci dal forte impatto emotivo. Il suo modo di proporsi giramondo onirico e che non lesina nell'accettare la sfida con la cronaca. E' rosa lisergica, kryptonite/materia, fulmini a ciel sereno, archeologia futribile e possibile. Tempi veloci, nell'immediato: una band che lo accompagna lineare ma che a più riprese cade nel seriale, il Brondi non è certo un cantante da urlo, la sua elettricità varia dai diodi led al lampadario ultra-limonoso di una probabile festa per l'inaugurazione di un inedito neo-esistenzialismo. Millenium operandi, e quando a sorpresa sale sul palco Federico Dragogna dei Ministri tutto diventa freneticamente e fottutamente ultra-rock. Ci voleva: molto cambia, l'atmosfera si vivacizza ulteriormente e rende l'esibizione "a cuore aperto". Quindi: massima attenzione. Tra i brani eseguiti una menzione speciale va a "Quando tornerai dall'estero", in cui cadono molti veti del "già sentito". Jam finale con Bombino come special guest. Si chiude con "Nel profondo Veneto" che diviene soluzione tuareg, "naccheristica" dal Sud del mondo, bilancio operativo e raccolto con tanto di inchini e applausi finali. Voto: 7

P.S. Nella foto qui sotto, un flash dopo- concerto con Bombino in compagnia Ornella Vinci del Coro Hispano Americano e dei Carretera Sur


Foto di Gabriele Mileti-Nardi

 
 
 

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