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AMATRICE NEL CUORE: Una giornata artisticamente ed umanamente perfetta (Recensione concerto) #Amatri

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 28 ago 2017
  • Tempo di lettura: 5 min


AMATRICE NEL CUORE

27 Agosto 2017

Amatrice

Voto: 10

Di Francesca Amodio

“Il concerto vuole essere un contributo alla ricostruzione non solo di ciò che è crollato fisicamente ma del tessuto emotivo, il più difficile da ricostruire. Dev’essere una giornata di festa, di memoria e di musica”.

E tale si è rivelato lo splendido evento rinominato “Amatrice nel cuore”, il maxi concertone gratuito che ha visto unirsi le forze della Siae, della Prefettura, dell’Amministrazione Comunale di Amatrice, dei Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Carabinieri e Polizia, oltre a decine di volontari, il tutto supervisionato da uno straordinario Luca Barbarossa, direttore artistico dell’evento che ha voluto fortemente la realizzazione dello stesso in collaborazione col sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, per un memorabile pomeriggio in musica ad un anno dal tragico terremoto che il 24 agosto del 2016 ha messo in ginocchio la città di Amatrice, causando oltre duecento vittime oltre ai danni arrecati alla quasi totalità del patrimonio del centro storico della nota località reatina.


“All’inizio il sindaco Pirozzi è stato diffidente, forse pensava che dei musicisti non ci si potesse fidare - scherza ironico Barbarossa - invece ce l’abbiamo fatta”.

Un turbinio di emozioni contrastanti e potenti ha vissuto chi ha avuto il privilegio di assistere a questa giornata immersa nella pace delle montagne di Amatrice e nel piacere delle note di artisti che hanno scritto la storia della canzone d’autore italiana, da Luca Barbarossa, oggi con la sua eccezionale Social Band, ossia i musicisti del programma radiofonico da lui condotto, “Radio2 Social Club”, di enorme successo, che sono Stefano Cenci (tastiere), Claudio Trippa (chitarra), Mario Amici (chitarra), Emanuele Ciampichetti (basso) e Meki Marturano (batteria), fino a Carmen Consoli, Gianni Morandi, Irene Grandi, Tosca e Mannarino.

“Non raccogliamo fondi e non faremo dischi, perché tanto non si vendono. Meglio allora che gli artisti mettano mano al loro portafogli”, aveva affermato Barbarossa pochi giorni prima del concerto, con un palcoscenico che ha avuto davanti a sé una folla oceanica di oltre tremila spettatori, non solo del luogo, ma centinaia di persone venute dalle più disparate regioni d’Italia.

E questo è il primo elemento che colpisce quando si scende dall’auto e si calpestano i primi metri di una vallata sconfinata, Cardito, sulla montagna tra Amatrice e Campotosto: una folla entusiasta, impaziente, allegra, gioiosa, festante e desiderosa di una grande voglia di riscatto al tempo stesso, perché, come dirà il sindaco Pirozzi con fermezza sul finire del grande concerto, “dopo il terremoto, la cosa che più uccide è il silenzio, quello delle istituzioni”. Il pubblico quindi è un meraviglioso incastro di uomini, donne, bambini e anche di moltissimi anziani che hanno sfidato l’ultimo gran caldo degli sprazzi finali di agosto non solo per applaudire il proprio artista preferito, ma per difendere ad ogni costo l’orgoglio e la dignità di un popolo che, nonostante l’eterno dolore e l’incancellabile sofferenza, ha la voglia ed il diritto di reagire.

È la romana Tosca ad aprire le danze, affascinante in un lungo e ampio abito nero che contrasta col biondo del suo caschetto spettinato, selvaggio come la sua voce, che dà vita ad un folk cantautorale di gran classe che si dipana lungo le note di “Sogna fiore mio”, “Il terzo fuochista”, “Cuba Cuba”, per culminare quindi, dopo un rapido cambio palco, in “Quartiere” e “Roma spogliata”, entrambe in duetto con Luca Barbarossa e Social Band.


Si passa in Toscana con l’attesissima Irene Grandi, alla quale gli anni non hanno tolto l’inconfondibile grazia mista a quell’energia potente che la fa vibrare nelle sue celebri “Prima di partire per un lungo viaggio” e “La tua ragazza sempre”, ed il palco di Amatrice si prepara quindi ad accogliere uno dei cantautori che negli ultimi anni ha raccolto innumerevoli consensi per ciò che riguarda la nuova forma canzone romanesca, Mannarino, che si esibisce in “Il bar della rabbia”, “Me so’ ‘mbriacato”, “Mary Lou” e “Vivere la vita”.

Gradito ritorno sul palco è quello di Barbarossa con la sua “Luce”, ed il palco è pronto ad accogliere l’artista geograficamente più lontana di tutto il cast, la catanese “Cantantessa” Carmen Consoli, uno dei simboli conclamati nella sua Sicilia, meravigliosa e sfoggiante quella leggiadria e quell’eleganza a cui oramai ci ha abituati, quella raffinatezza rustica ed energica che snocciola possente nei capolavori “’A finestra”, “L’ultimo bacio”, “Parole di burro” e “Fiori d’arancio”, fino ai meravigliosi duetti con Tosca e Mannarino, rispettivamente in “Blunotte”, che originariamente fu scritta proprio per l’artista capitolina, rivela Carmen, e “Stranizza d’amuri”, omaggio al maestro Franco Battiato.

Il palco è ora quindi tutto per l’acclamatissimo Mannarino, con la sua celebre “Serenata lacrimosa”, e poi per l’amata Grandi con la sua “Lasciala andare”, prima di condividere la famosa “Portami a ballare” col suo autore Barbarossa, brano che valse all’artista romano la prestigiosa vittoria al Festival di Sanremo nel 1992.

È ora il turno di uno dei nomi più attesi in assoluto di questa giornata, quello del bolognese, amatissimo da grandi e piccini, Gianni Morandi: l’allegria, il fare aggraziato e bonario, cortese ed educato, la travolgente simpatia di questo artista sempiterno lo fanno acclamare da una folla impaziente di ascoltare successi intramontabili come “Se perdo anche te”, “Varietà”, “Se non avessi più te”, “Uno su mille”, fino alla popolarissima “Vita”, in cui Morandi si lascia travolgere dal grande spirito di condivisione e solidarietà che aleggia in questa assolata e bellissima giornata nel segno della musica e chiama a sorpresa sul palco tutti i suoi colleghi, per una divertente e corale interpretazione del celebre pezzo del 1988, che ha visto la collaborazione di Lucio Dalla nella versione originale.


Le annunciate tre ore ininterrotte di fantastico concerto, coadiuvato da un’organizzazione inappuntabile, dalla gestione degli artisti di OTRlive fino ai volontari che hanno sfamato le migliaia di persone presenti offrendo loro uno dei simboli di Amatrice, l’impeccabile amatriciana, come da calendario volgono al termine con una raggiante interpretazione de “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”, cantata briosamente da tutto il cast, per concludere definitivamente in bellezza con alcuni versi che Mannarino ha scritto proprio poche ore prima del maxi concerto chiuso nel suo camerino pensando alla causa di Amatrice, versi di speranza e di incoraggiamento, di augurio per una grande rinascita, che lasciano lo spazio finale al bis di “Vivere la vita”, omaggio al sindaco Pirozzi che proprio in quest’occasione ha conosciuto artisticamente il cantautore capitolino, diventandone accanito fan.

Una giornata artisticamente ed umanamente perfetta, fatta di emozioni forti e potenti: durante le tre ore di live sembrava che il mondo al di là di quelle alte montagne si fosse temporaneamente fermato, i rumori ed il caos di tutti i giorni allontanati, i pensieri alleggeriti.

In occasioni di questo tipo, ad un anno da quel senso d’impotenza che si ha davanti ad una natura imprevedibile e forsennata, la musica fa sempre da collante, funge da aggregazione di quella “social catena”, come la definì Leopardi, che null’altro è che quella umana, inevitabilmente inadatta a spezzarsi, quella solidarietà che chi ha assistito oggi a questo evento speciale e straordinario ha visto negli occhi delle tremila persone presenti ed in quelli di ogni singolo artista che ha dato davvero il cuore calcando un palcoscenico denso di significato, oggi più che mai, in un luogo che aspetta solo che la speranza si vesta al più presto di mura e fondamenta.


 
 
 

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