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ANDY WHITE: Un songwriter per tutte le stagioni (Recensione concerto) - #AndyWhite #CohenPubMusicVer

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 9 lug 2017
  • Tempo di lettura: 3 min


ANDY WHITE

7 Luglio 2017

Cohen Pub Music & More

Verona

Voto: 7.5

di Massimo Pirotta

Foto di Manuela Liotto

Un concerto intimo in una nuova locazione che ha da poco tempo ha iniziato la sua programmazione musicale ma che già si distingue per la qualità delle proposte. Prima di Andy White, sono saliti su questo piccolo ma significativo palco artisti di culto come l'olandese Karlijn Langendijk con la sua chitarra fingerstyle, il combo jazz Zenophilia, il cantautore Max Manfredi mentre questa sera è a tutto blues con i Bayou Moonshiner. A settembre sono attesi il fisarmonicista Thomas Sinigaglia, la Storyville Jazz Band ed altri ancora. Il Cohen Pub Music è un luogo particolarmente invitante, molto attento alle estetiche che sanno di storie passate del rock'n'roll e di certe filosofie che rimandano alle tematiche del post-moderno. Per certi versi ricordano certe ambientazioni alla "Mr. Fantasy", la nota trasmissione televisiva condotta da Carlo Massarini e le sottolineature seminali di Mario Convertino e compagnia bella.


Ci sono divanetti old-style e una serie di tavolini su un piano rialzato oppure a piano terra, a tu a tu con l'artista tanto sono vicini al palco. Il contatto immediato, diretto dove per l'artista è impossibile imbrogliare lo spettatore. Alle pareti sono affissi manifesti di concerti (Chris Cornell al Rolling Stone di Milano), illustrati (Temple Of The Dog, John Lennon), splendide foto in bianco e nero o a colori di altre icone del rock (Tom Waits, Bruce Springsteen in una New York invernale con cappellino di lana calato sulla testa e tanto di giubbotto chiodo-punk, Tom Waits) e non poteva di certo mancare Leonard Cohen con testo poetico annesso e ben in evidenza. Andy White si presenta in solitaria, se lo può permettere perchè dopo trent'anni di carriera, sa che ad ogni suo live c'è sempre un manipolo di fan e appassionati indomiti che lo seguono e lo sostengono. Non stiamo parlando di grossi numeri bensì di passioni ben consolidate nel tempo. E' particolarmente loquace coi presenti, saluta e stringe mani a tutti. Da rodato artista è da sempre in bilico tra accenni pop, folk, un tantino rock, attitudini letterarie e imparentamenti da buskers. Effettua il soundcheck in una manciata di minuti, cambio di camicia, posiziona un calice di vino a bordo palco e via con live.


Vale la pena ricordare che il songwriter di Belfast, spesso di stanza in Australia, vanta importanti collaborazioni. Tra queste, quella con la divina Sinead O'Connor, i fantastici Hothouse Flowers, gli alfieri pop Crowded House e i maestri Van Morrison e Peter Gabriel. Undici album all'attivo (il primo è "Rave On", anno di grazia 1986), la stesura di alcuni libri di poesie e un romanzo dall'impronta fortemente "on the road" in cui si mette a nudo e si mostra per quello che realmente è. Un artista a tutto campo, sincero che cerca, trova e personalizza percorsi. Il sound è intriso di terre irlandesi, aromi provenienti dal Greenwich Village, sintesi narrative liverpooliane e alla John Lennon. Andy White regala ai presenti un set acustico di un'oretta e una manciata di minuti in più, dove non mancano i richiestissimi bis e dove emergono lucidità di intenti, padronanza del palco, approcci che non disegnano improvvisazioni particolarmente utili per fare evolvere il set, grinta chitarristica che sprigiona sentimenti, macrostorie, microstorie, scampoli di vita tra il sociale, l'io e il noi quotidiano. Scompigliate al punto giusto e con certosina precisione. Se non maniacale. Furori e melodie che hanno inizio con l'esecuzione di "James Joyce's Grave" tutta stratificazioni emotive e che prosegue con canzoni che non lasciano dubbi, in perfetto equilibrio tra complessità e fruibilità: "Religious Persuasion" il suo hit più simbolico, "Italian Girls" ragazze in motorino, capelli al vento e immagini per un orecchio, "Nonchalant" che profuma di Paris St.Germain, di certe atmosfere da bistrot, giochi di vetri e specchi, "A Million Miles" cavalcata sonora terapeutica ed introspettiva. Episodi che si collocano all'interno di una vitale ed ostinata auto-determinazione che sanno di jam vitae, emissioni solide, giochi di incastri, affeschi colorati in maniera propria e giorno per giorno. Insomma, il germogliare tra incanti, disincanti, percezioni, dissolvenze e ricomposizioni. E dove tutto vibra positivo e timbrico: il suo "marchio di fabbrica". In scaletta anche altri succosi episodi come "Travelling Circus", "Street Scenes", "Separation Street", "Groovy Kind Of Way" a completare le sue sensibili doti across the universe.


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