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ARA MALIKIAN: Il violino come salvatore e narratore di vita (Recensione Concerto) #AraMalikian #TheI

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 24 nov 2017
  • Tempo di lettura: 3 min


ARA MALIKIAN

“The Incredible World Tour of Violino”

23 novembre

Teatro Colosseo

Torino

Voto: 9

di Federica Monello

A volte uno strumento musicale è tramandato di padre in figlio per non far morire una tradizione. Quando alla tradizione unisci che quello strumento è stato fonte di vita e di salvezza, non puoi fare altro nella tua vita che suonare quello strumento. Così è nata parte della storia di Ara Malikian. Il nonno riuscì a scappare dal genocidio armeno grazie ad un violino, qualcuno glielo lasciò cosicché potesse fingere di far parte di una banda musicale e salvarsi. Solo lui, di tutta la famiglia, scampò la morte e fuggi in Libano. Quel violino passò nelle mani del padre di Ara per poi fermarsi nelle sue. Sia per il nonno sia per Ara il violino è stato un lasciapassare per la vita, quella del primo lontana dalla morte e quella del secondo fatta di musica.

Ara Malikian è tornato in Italia per presentare il tour “L’incredibile storia del violino”, la prima tappa è stata al Teatro Colosseo di Torino. Si inizia con un assolo di chitarra su un palco al buio che pian piano prende vita insieme alla viola, al violoncello, al contrabasso, al violino. Poi uno squarcio sonoro ed entra in scena Ara con il suo violino, è una sinfonia di archi. Sostituito il basso al contrabbasso, le prime note del pezzo successivo ci portano in Medio Oriente con il tamburello e i sonagli che scandiscono il ritmo. È una danza che si fa via via più frenetica, quando si unisce la batteria ad accompagnare il ritmo siamo al culmine. Già in soli due brani, Ara e la sua orchestra hanno stregato il Colosseo.


A guardarlo, viso e occhi nascosti da folta barba e capelli ricci e voluminosi, sembra timido. Non è così, è un chiacchierone. Ci prende gusto a raccontarci gli aneddoti che sono legati alla nascita delle sue composizioni. Il nonno, ci racconta, era molto serio quasi non sorrideva mai ma allo stesso era noto come ballerino. A lui dedica la danza “Kach Nazar”, perché la possa ballare in qualsiasi luogo lui sia adesso.

Grazie ad una borsa di studio, a 14 anni Ara si trasferisce in Germania per studiare al Conservatorio e questi primi anni tedeschi è legata l’influenza ebraica presente in alcune composizioni. Il tutto, come ci racconta, nasce da un’incomprensione linguistica. Il suo annuire, senza capire l’idioma, ad una signora lo ha portato a suonare in diversi matrimoni ebraici. Così dopo aver suonato per quattro anni musica finta-ebraica ha iniziato a sentirsi ebraico, così ci presenta “Con Mucha Nata”.

Il brano che segue ha un titolo fantasioso e strano che mai potremmo capire se Ara non ci raccontasse la sua storia, è “Broken Eggs”. Durante gli anni del Conservatorio i suoi compagni si pregiavano dei violini che possedevano, chi aveva uno Stradivari, chi un Landolfi o un Guarneri. Ara invece aveva un violino che proveniva da un liutaio sconosciuto e non pregiato, così inventò sul momento che il suo fosse un “Alfredo Ravioli”. A questo inesistente liutaio e all’Italia è ispirato il pezzo.


All’età di circa vent’anni Ara si trasferisce in Inghilterra, dove suonò con Boy George. Quest’esperienza terminò quando durante un festival anziché esibirsi insieme all’artista rimase affascinato dal live di una band allora sconosciuta, i Radiohead. A Boy George dedica una superba “Paranoid Android”, nella quale il violino si fa quasi elettronico. Ara sul palco dimostra di saper essere duttile nel passare da un pezzo struggente ad uno rock per poi tornare alle sue radici libanesi. La formazione segue in tutto e per tutto il suo estro, lo accompagna e lo esalta. La complicità tra i componenti è fortissima e si palesa in duetti, balletti e scambi di sorrisi. A dimostrazione che il violino non è solo vocato alla musica classica eseguono “Kashmir” dei Lep Zeppelin, “Life on Mars” di Bowie e la tarantiana “Miserlou” in origine brano folkloristico greco.

Tutto il live è percorso dai ricordi di Ara, in onore della memoria del centenario del genocidio armeno e di tutti i crimini passati e presenti presenta la struggente ma allo stesso tempo energica “1915”. Con questo brano l’atmosfera cambia, si fa cupa. Le note che escono dal suo violino sono a tratti lame a tratti lacrime, quando Ara abbandona l’arco e suona il violino pizzicandolo si raggiunge il culmine di uno dolce patetismo. Chiude il live, che ha fatto divertire, emozionare e ballare, con Bach. Augurandoci gioia, serenità e salute esegue magistralmente la suite n.1 per violoncello scendendo dal palco e muovendosi tra il pubblico.

 
 
 

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