FIORELLA MANNOIA: Tutto perfetto. Grazie! (Recensione Concerto) #FiorellaMannoia #CombattenteTour
- Redazione
- 23 dic 2016
- Tempo di lettura: 3 min

FIORELLA MANNOIA
22/12/2016
Auditorium Parco della Musica
Roma
Voto: 10
Di Francesca Amodio

“Tutti combattiamo. Per un’idea, un amore, un’ingiustizia, un traguardo… In generale per il diritto ad essere felici”.
È questa la dichiarazione d’intenti del “Combattente Tour”, conseguenza dell’omonima ultima fatica in studio dell’inossidabile Fiorella Mannoia che stasera fa tappa nella sua Roma, nella gremita Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica.
Sessant’anni e poco più portati magnificamente, il fisico di una ventenne, quella capigliatura da sempre un po’ anni ottanta, di capelli rossi come il fuoco e gli occhi blu come il mare, una grazia, una leggiadria, una sensualità e una classe da fare invidia a chiunque: questa è ancora oggi Fiorella Mannoia, probabilmente nel momento più glorioso e florido della sua già sempre sfavillante carriera, che oggi rende questa formidabile cantante, interprete, e da qualche anno anche cantautrice, un vero Re Mida artistico al femminile. Perché tutto ciò che vocalmente, ma non solo, tocca la Mannoia, diventa oro: non a caso quest’anno è stata la volta anche del cinema, prendendo parte all’ultimo film di Michele Placido “7 minuti”, ed è stata la volta della canzone per il cinema, con la scrittura di “Perfetti Sconosciuti”, brano che riprende il titolo della pluripremiata pellicola di Paolo Genovese.

Nulla di tutto ciò stupisce, perché Fiorella con quella voce e con quel carisma può fare di tutto, siamo di fronte ad un’artista straordinariamente e carismaticamente potente che nel corso della sua lunga carriera ha accumulato e sperimentato territori sonori insondati talmente diversi fra loro, uscendone ogni singola volta vincente, che il risultato che abbiamo oggi è la summa massima, la punta di diamante più raffinato in cui oltre non si può andare.
La voce della Mannoia è talmente forte, sui generis, potente, camaleontica e perfetta da attraversare meravigliosamente la sfera completa dei sensi e delle emozioni, che siano le canzoni degli altri – ne sono splendide testimonianze stasera i rifacimenti di brani come “La cura” di Franco Battiato, “I treni a vapore” di Ivano Fossati, “Sally” di Vasco Rossi, “Felicità” di Lucio Dalla, “Offeso” di Niccolò Fabi – o le sue, come l’immancabile trittico “Come si cambia”, “Caffè nero bollente”, “Quello che le donne non dicono”, testo di Enrico Ruggeri, quest’ultimo, che solo una come Fiorella Mannoia poteva essere in grado di rendere un inno nazionale, un’intensa lode alla donna.
Ed anche e soprattutto sulle donne Fiorella non si risparmia al suo pubblico adorante, raccontando aneddoti personali, come di quella volta che, in viaggio nei paesi disagiati del sud del mondo, si è chiesta cosa doveva provare una madre nel vedere il proprio figlio scomparire all’orizzonte senza la certezza di un ritorno, arrivando alla conclusione che indipendentemente dalla biologia di mettere al mondo un figlio, tutte le donne sono e saranno sempre anche delle madri.

A questo e ad altri temi di importanza sociale vitale si è sempre dedicata la Mannoia, con le sue canzoni e con le sue iniziative umanitarie, rimanendo una delle poche combattenti, per l’appunto, a non far scomparire mai il valore di una canzone come un’opera d’arte civile, di protesta, così come nascevano le canzoni una volta, per scuotere il mondo.
Nessuna artista donna in Italia come Fiorella infatti sa interpretare ogni singola sillaba in maniera così convincente, sentita, carica, nessuna come lei sa innescarti dentro la convinzione che ciò che canta sia realmente possibile e realizzabile.
Il grande spettacolo di stasera, coadiuvato da visual e da contributi video altamente scenografici, dalla risoluzione cinematografica davvero perfetta, è riuscito anche grazie alla band di ineccepibili professionisti quali Davide Aru alla chitarra, Luca Visigalli al basso, Carlo Di Francesco alle percussioni, Diego Corradin alla batteria e Bruno Zucchetti al pianoforte e alle tastiere, che con i meravigliosi nuovi arrangiamenti, spesso in chiave rock, danno vita ad un sound morbido e lineare, acusticamente inappuntabile, che trasforma la Santa Cecilia in uno stadio.
L’apoteosi di Fiorella è a fine concerto, quando si concede completamente al suo pubblico capitolino con una lunga passeggiata per tutta la sala cantando la splendida “Il cielo d’Irlanda”, tra gli abbracci, i sorrisi e le lacrime di gioia dei fan.
Molto più di un concerto insomma, una vera esperienza emozionale collettiva dalla quale si esce in qualche maniera sentimentalmente arricchiti ed emotivamente sublimati.
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