FRANCESCO RENGA : Canta l'amore nei palasport - #FrancescoRenga
- Redazione
- 17 ott 2016
- Tempo di lettura: 4 min

FRANCESCO RENGA
E' arrivato il momento dei Palasport
di Luca Trambusti
Per Francesco Renga è arrivato il momento di fare il salto: da una dimensione teatrale/club fa il passaggio ai palasport, passaggio obbligato per arrivare alo step successivo, quello degli stadi.
E’ una crescita ragionata e con i suoi tempi che arriva dopo un disco di successo come “Scriverò il tuo nome” che ha portato Francesco nelle parti alte della classifica di vendita ed il singolo ha avuto un buon airplay.
Il passaggio avviene con moderazione ma parte bene. 5 concerti nei palasport (qui le date) di cui il primo a Milano sold out, un tour interamente dedicato alle sue canzoni d’amore, dove melodia, potenza sonora, momenti acustici e grande impatto visivo si mischiano (leggi qui la recensione).
Ecco cosa ha raccontato Francesco Renga appena sceso dal palco del Mediolanum Forum di Assago (Milano)
Come ti senti dopo il primo concerto di questo tour?
Mi sono divertito moltissimo migliori e tutto è partito sotto i migliori presupposti. Se tutto è andato bene non è merito solo dell’artista ma di team lavoro. Senza chi collabora con me non avrei certo potuto fare tutto questo. Sono contento anche perché il live è il momento in cui ti confronti con il pubblico e quindi hai la percezione di ciò che hai fatto prima, di cosa hai preparato per arrivare a questo punto.
Com’è un concerto nei palasport?
E’ un live pensato per questo, per i numeri e per le dimensioni dei palazzetti. E’ uno spettacolo a cui sono arrivato nel momento giusto, con una nuova consapevolezza, senza forzare la mano e capendo quando farlo e come farlo. I palazzetti sono arrivati quando mi sono accorto e mi sono sentito pronto per osare qualcosa di più. Non sono uno che si mette e mette agli altri fretta per arrivare agli stadi il prima possibile. Le cose succedono quando devono succedere e quando si è pronti per farle. Lo stesso spirito di un lavoro da artigiano. D’altronde poi è il pubblico che decreta un successo.
A proposito del rapporto con il pubblico. Stupisce il coraggio con cui ti immergi nel pubblico passando nella platea per raggiungere il secondo palco.
E’ una scommessa per tutti, un rischio calcolato in cui io ho creduto ed ho avuto ragione. Il pubblico ha capito. E’ un pubblico educato che è cresciuto con me che ha capito quale poteva e doveva essere il limite.
Considero il pubblico l’elemento principale di uno spettacolo e per loro, che non devono essere passivi, ho pensato questo spettacolo. Per il sacrificio, anche economico, di vedermi volevo restituire la sensazione che non fossero dei semplici invitati ma dei veri protagonisti.
C’è anche la voglia di unire ciò che c’è stato sino ad ora, il mondo dei teatri e dei club, con la vicinanza del pubblico con questa nuova avventura nei palasport dove necessariamente il contatto con chi ti ascolta è diverso e frutto di dimensioni ampliate.

Il fulcro, l’argomento centrale ed unico del concerto è l’amore. Come mai questa scelta?
Penso sia uno spettacolo bello, un divertimento, un modo per stare insieme in quello che non vuole essere solo una serie di canzoni ma una comunione, una cerimonia, una messa in cui ognuno riceve e dona mettendo al centro l’amore. Che è la cosa più importante.
Parlo di amore a 360 gradi, che voglio riuscire a declinare in tutti i suoi percorsi.
Si scrivono canzoni per dire qualcosa, ed ogni artista, ma anche ognuno di noi, ha i suoi nodi nella vita, le sue “ossessioni”. Molto di tutto ciò che ho fatto nei miei dischi aveva questo legame con la canzone d’amore. E’ stato il fil rouge della mia attività. E questo era quindi il momento di tirare le fila e di unire tutto ciò che ho fatto sinora. Anche perché è in linea con “Scriverò il tuo Nome” che è il primo disco in cui manifesto chiaramente questa mia propensione a raccontare l’amore. Comunque sono convinto che si desideri più essere amati che amare.
Il concerto ha 28 canzoni più 9 in acustico. E’ tanta roba. Come hai fatto la scaletta e cos’è rimasto fuori?
Si sicuramente ci sono tante canzoni e la scaletta una volta deciso quale fosse l’argomento unico del concerto è venuta fuori in pochissimo tempo. Non potevo aggiungere altro ma alcune cose sono rimaste fuori. Ad esempio “Da Lontano” l’ho esclusa all’ultimo momento perché non la ritenevo a fuoco e mi dava ansia nel cantarla e mi toglieva la giusta serenità. Così è uscita dalla scaletta.
A proposito della scaletta: sarà sempre la stessa in tutte le date perché aggiungere o togliere qualcosa è molto difficile perché tutto è programmato e definito.
Come mai in questo show la parte visuale ha un grande peso?
Nel passaggio dai teatri ai palazzetti era difficile soddisfare pubblico che in questo periodo è abituato a vedere, a riempirsi pure gli occhi ed a cui quindi devi dare suggestioni anche per immagini, non solo con la musica e la sostanza.
Voglio fare comunque uno spettacolo equilibrato, voglio dare suggestioni di un certo tipo, vicino a quelle che riceviamo ogni giorno ma allo stesso tempo essere sobrio ed elegante. E questo non mi da idea di essere sopra le righe pur non essendo uno spettacolo teatrale.

Nella parte acustica riproponi “Senza Vento” un brano del repertorio dei Timoria. Come mai?
A “Senza vento” non sono mai riuscito prima a darne una giusta lettura, non la vedevo fuori dai Timoria. Poi ho sentito e capito che questo potesse essere il contesto adeguato.
E’ stata una liberazione, mi ha molto divertito e restituito tutto ciò che era rimasto lì, che sapevo non essere perduto.
La parte acustica nasce con l’idea di pochi musicisti in cantina che cercano di raccontare il mondo. Quello era anche lo spirito di quella canzone.
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