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GIUDA + FAZ WALTZ: Felicità dell’Atletico Rock (Recensione) - #Giuda #FazWaltz #Carroponte

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 26 ago 2016
  • Tempo di lettura: 3 min


Giuda

GIUDA + FAZ WALTZ

Carroponte, Sesto San Giovanni (MI)

25 agosto 2016

Voto: 8

di Massimo Pirotta

Ma provocatoriamente ci potrebbe essere un giovane strillone che urla: “Colpito al cuore il mainstream”. Due band, con l’alta velocità Cantù-Roma, a torto o a ragione etichettate dai media alternativi come neo-paladini del glam-rock. Ci può stare, solo che dal punto di vista visivo, non c’è il fascino androgino ma l’agire muscolare, non ci sono lustrini, rimmel e mascara, ma bretelle, canottiere, t-shirt e jeans scoloriti. E neppure rimandi a “Velvet Goldmine” ma piuttosto al blue-collar rock (ed infatti una canzone dei Guida si intitola “Working Class Man”).

Ad accoglierli c’è una platea di circa 500 unità e “a tema”. Conoscono le canzoni, fanno da coro alle band, ondeggiano, incitano, indossano capi d’abbigliamento che rimandano al punk o al garage-beat (Ramones, Adicts, adunate Sixties), spopolano tatuaggi e alcune ragazze sembrano arrivate a bordo di macchine d’epoca e color rosa. E’ una “fetta di torta” del popolo rock. Quella sana, bio-diversa, che va di morsi e che si nutre di ritmiche dal forte impatto emotivo . Un bel vedere, insomma, oltre a un bel sentire.


Faz Waltz

Aprono i Faz Waltz, un power-rock trio (Faz La Rocca - chitarra e voce, Diego Angelini – basso, Marco Galimberti – batteria), quattro album e un EP all’attivo e soprattutto una grande padronanza sul palco. Il sound è focosamente “oltremanica”, si colloca tra Ziggy Stardust, il power-pop dei Cheap Trick, i saltini di Pete Townshend, e qualcosina della British Invation di Oasis et similia. Oltre al rock’n’roll più sanguigno e con più passati remoti. Alcuni loro brani come “Kids Are All Wild” e “Love Limousine”, sono lampante prova che il loro valzer vuole essere un agire genetico che si sprigiona dal palco. E quindi, la loro dimensione rivelatrice è l’esibizione live. Che diventa, addirittura, decisionale per i Giuda. Le due band hanno un discreto seguito all’estero, possono vantare un buon numero di concerti (in Italia e Europa) e fanno propri alcuni approdi del rock Anni 70.


Faz Waltz

E’ la rifondazione dell’usato sicuro. Ma con profondo senso del dovere, sanno che va tirato a lucido, perché il percorso deve essere nuovamente caparbio, beffardo e a prova di stagione. E così diviene un “senza tregua” che ripassa ed intende conoscere a meraviglia la storia. Non ne può fare a meno, anche perché di probabili ipotesi “rock 2.0” non c’è avvistamento e probabilmente mai ci saranno.


Giuda

Quando entrano in scena i Giuda (“Speaks Evil”, “Racey Roller”, “Do It Again”, sono prove discografiche che ben evidenziano la loro tempra), il pubblico si avvicina ancora di più alle transenne. Come prima, più di prima, un brano via l’altro. Nessuna pausa, adrenalina pura. Solo poche parole per solidarizzare con le popolazioni colpite del terremoto di questi giorni. Da subito, il loro intento è chiaro. Indirizzare ed evolvere la forma-canzone in possibili anthem. Eccitanti, identitari, ansiosi di penetrare nei luoghi dell’anima del pubblico. Il set si alimenta con i tu per tu, l’uno di fronte all’altro dei due chitarristi, dalle movenze e dalla voce categorica del cantante Tenda, che sa essere “narratore” in equilibro tra disincanto ed eccentricità. Trovano spazio anche cover: “California Man” (The Move), “Saturday Night’s Allright” (Elton John). Quest’ultima eseguita nei bis finali. E punto di contatto di un rock non con le occhiaie ma che non lesina nell’affrontare a testa alta i cambiamenti d’epoca.


 
 
 

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