GREEN DAY: E' loro la firma sulla prima data degli I-Days (Recensione Concerto) #GreenDay #IDays
- Redazione
- 16 giu 2017
- Tempo di lettura: 4 min

GREEN DAY
15 06 17
I DAYS
Autodromo di Monza
Monza
Voto: 9
Di Miki Marchionna

«Rock’n’roll can change the world». Il rock’n’roll può cambiare il mondo. Le parole di Billie Joe Armstrong riecheggiano all’autodromo del parco di Monza durante gli I-Days, rassegna di concerti in programma dal 15 al 18 giugno nel polmone verde del capoluogo brianzolo, che per la prima data ha visto come assoluti protagonisti i Green Day. La punk rock band americana ha letteralmente conquistato gli oltre 30mila spettatori provenienti da tutta Italia e anche dall’estero con uno show di due ore e mezzo estremamente coinvolgente, poderoso, in cui i continui cori del pubblico scatenati proprio dal frontman Billie Joe si sono uniti a cavalcate rock, divertenti sipari con i fan, manifesti sociali e politici e naturalmente tanti brani cantati a squarciagola.

La prima giornata degli I-Days inizia sin dal pomeriggio con lo ska-punk degli italiani Shandon e l’indie dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Ma è con l’inizio del live dei californiani Rancid che si scaldano i motori. Instancabile, il gruppo guidato da Tim Armstrong infiamma sotto il sole il popolo del punk, tra vecchi e nuovi ‘adepti’. Fra giovani e meno giovani, ultra 40enni disinibiti a torso nudo, creste colorate e magliette coi loghi dei propri idoli, si intravede persino qualche carrozzina spinta da mamme e papà. È una grande festa, una reunion per gli amanti del punk che sempre più difficilmente in Italia trovano eventi del genere in cui poter divertirsi. E tra pogate soft e crowd surfing sotto al palco sulle note di “Salvation’’ e “Time Bomb’’, per un’ora e mezza i Rancid intrattengono alla grande. Viene addirittura difficile pensare che i successivi headliner possano fare di meglio.
Quando ormai manca poco alle 21, i pochi spazi vuoti sull’enorme prato cominciano a sparire e la folla si stringe sempre più. Dagli altoparlanti prima risuona “Bohemian Rhapsody’’ dei Queen e successivamente “Blitzkrieg Bop’’ dei Ramones, durante la quale spunta sullo stage un uomo danzante vestito da coniglio. Poi, finalmente fanno il loro ingresso trionfale Billie Joe, Mike Dirnt e Trè Cool, pronti a dare fuoco alle polveri. «Buonasera Monza!», e subito si parte con “Know Your Enemy’’. Il frontman, in gilet nero e camicia rossa già inzuppata dopo soli due minuti, invita sul palco una ragazza tra gli astanti, e le concede un breve momento di gloria lasciandole il microfono. Si prosegue con il nuovo singolo “Revolution Radio’’ e il successo del 2004 “Holiday’’. È un Billie Joe in forma smagliante, carico, energico, espressivo, in grado di conquistare il pubblico e fargli dire e fare ciò che vuole con un solo cenno della mano. Ma è anche un artista schierato e allo stesso tempo libero, pronto a più riprese a mandare a quel paese, per usare un eufemismo, il presidente americano Donald Trump.
Dedica “Boulevard of Broken Dreams’’ agli ‘strani’, a chi si distingue, a chi sceglie di rimanere fuori dal coro. È il turno di “Longview’’ direttamente da “Dookie’’, album targato 1994 che ha decretato il successo dei Green Day. E di nuovo fan sul palco a cantare, stavolta un ragazzo, che prima di scendere dà un bacio a stampo al cantante, lasciandolo pietrificato per qualche secondo. È un susseguirsi di vecchi successi con “When I Come Around’’, “Minority’’ (con un lungo intermezzo strumentale in cui Billie Joe si destreggia con l’armonica a bocca) e “Are We the Waiting’’.
«Non vedo cellulari per video o selfie. Ottimo! Perché bisogna vivere questo momento, perché siamo vivi!», esclama l’artista. Ed effettivamente le uniche luci tra le persone sono quelle dei proiettori riflesse nei loro occhi, troppo impegnati a non perdersi un solo minuto del concerto, troppo impegnati a cantare e a saltare. Tra di loro ci sono gli adolescenti un po’ ribelli di 15 anni fa, che ai tempi della scuola prima, durante e dopo le lezioni, ascoltavano i Green Day nei loro lettori cd. Ma ci sono anche i 16enni di oggi a raccogliere il testimone.

Billie Joe non smette di stupire i fan e pesca tra la folla un ragazzino per suonare la chitarra. Lui si gode il momento andando avanti e indietro per lo stage. Alla fine dell’esibizione, il suo idolo gli concede di portare via con sé la Gibson. Se questa non è fortuna.
La celebre “Basket Case’’, capace di far scatenare davvero tutto l’autodromo, è probabilmente una delle poche canzoni dello show eseguita in maniera ‘pulita’. Sì, perché i Green Day si divertono a tenere alta la suspense prima di un ritornello, a giocare con le note, a inserire tra una strofa e l’altra lunghe pause (senza comunque mai smettere di suonare) ad uscire dai riff punk e a tuffarsi nel rock’n’roll più sfrenato, a invertire i ruoli (Trè Cool prende il posto di Billie Joe per pochi secondi) e a creare medley di pezzi storici come “Satisfaction’’ degli Stones e “Hey Jude’’ dei Beatles. Ma soprattutto, la band si diverte a far cantare, urlare, saltare e sorridere il proprio pubblico.
Anche in dirittura d’arrivo, i Green Day suonano come all’inizio. Hanno ancora energia da vendere e la sfogano tutta con i pezzi mancanti: “American Idiot’’ e “Jesus of Suburbia’’. Momento acustico solo chitarra e voce per un gran finale sulle note della suggestiva ballata “Good Riddance’’ con Billie Joe al centro del palco e i suoi compagni che si stringono a lui durante gli ultimi versi.
Cala così il sipario sulla prima giornata degli I-Days decisamente all’insegna del punk e dell’incredibile energia dei Green Day e del loro frontman Billie Joe. Lo zio che tutti vorrebbero avere per i suoi momenti di sana follia con in braccio la chitarra, per la semplicità unita alla saggezza dei 45 anni suonati a frequenze sempre alte delle parole e dei pensieri che esprime, per la compagnia e il sostegno che dà assieme a Mike Dirnt e Trè Cool con le sue, con le loro canzoni.
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