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HOZIER: Una gran voce in un concerto che va oltre la sua hit. (Recensione concerto) #Hozier

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 19 nov 2018
  • Tempo di lettura: 2 min


HOZIER

18 Novembre 2018

Alcatraz

Milano

Voto: 7,5

Di Luca Trambusti

Non c’era certo il pubblico delle grandi occasioni alla data milanese di Hozier (unico appuntamento in Italia). E questo è un vero peccato. C’è da dire però che i presenti hanno riservato al cantautore irlandese una calorosa accoglienza, come merita, e che il 28enne ha gradito parecchio.


Sul palco ha dimostrato che la sua bravura va oltre la grandiosa hit “Take Me To Church”, che nel 2013 lo ha fatto conoscere al mondo con uno di quei brani che sicuramente difficili da ripetere. Tuttavia Andrew Hozier-Byrne ha le possibilità per non essere una semplice meteora, possiede infatti una buona dote si scrittura ed una grande qualità vocale ed interpretativa. In più, dal palco dell’Alcatraz di Milano. ha messo in mostra delle buone capacità di performer, non tanto in termini di spettacolo (come sta sul palco o come tiene in mano il pubblico) quanto in senso prettamente musicale (arrangiamenti ed evoluzione delle versioni live). Le sue composizioni infatti durante l’ora e mezza di show (il repertorio è quello che è…. Un disco e due Ep, di cui uno recentemente uscito e proposto per intero, vengono dilatate, allungate con sostanza e tanta musica che in alcuni momenti arriva anche all’improvvisazione e con Hozier che si “lancia” in brevi assoli di chitarra elettrica.


Ovviamente, oltre alla conclusiva “Take Me To Church” (sempre da brividi) Hozier ha ripercorso i suoi successi e brani più famosi (che peraltro sono anche gli unici che ha!!!) accompagnato da un’ottima band di 7 elementi (8 con lui sul palco) con ben 4 “quote rosa”, tra cui una chitarrista violinista come elemento trainante. Oltre alle due coriste ogni musicista (molti polistrumentisti) ha il ruolo di vocalist (batterista incluso), contribuendo alle armonizzazioni sulle performance vocali dell’irlandese (che sulle note di Movement sono in bella mostra).

Hozier si muove tra ballate mid tempo ed altre più lente, sporcando tutto con il soul, un pop di qualità e grandi spruzzate di blues, spostandosi poi all’essenza di una versione nuda e cruda voce e chitarra acustica in estrema solitudine e grande intensità di “Cherry Wine” (cantata, come in molte altre occasioni, insieme al pubblico). Su di lui aleggia lo spirito del conterraneo Van Morrison, ma più moderno, ed un’atmosfera un po’ alla Jeff Buckley.

In sostanza Hozier riesce ad andare oltre l’hit di classifica che lo ha lanciato nel mondo. L’irlandese è un artista onesto che regala canzoni interessanti, con una “vocazione” pop ma coniugate con grande eleganza ed un sapore molto “black”. Dal vivo poi riesce ad accentuare proprio quest’ultima sua vena proponendo uno spettacolo semplice, essenziale ed “onesto”, “reale” ma allo stesso tempo accattivante e coinvolgente che supera i limiti del pop.

Ovviamente il concerto non va oltre l’ora e mezzo perché il repertorio è limitato (c’è anche una cover delle Destiny’s Child nei bis ma riletta a suo modo) e così sulle note di una “tranquilla “ “Work Song” (altro riferimento blues) Hozier manda tutti a nanna presto dopo però aver promesso che tornerà. Speriamo lo faccia con un repertorio più “sostanzioso” e soprattutto con un pubblico più numeroso come meriterebbe. Da seguire.

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