ILARIA PASTORE: Una valigia blu piena di canzoni - #IlariaPastore #ArciPintupi
- Redazione
- 16 ott 2016
- Tempo di lettura: 5 min

ILARIA PASTORE
FERMO IMMAGINE A TIJUANA
Abbiamo incontrato Ilaria Pastore, una delle cantautrici di cui si è più parlato quest'anno, poco prima del suo concerto all'Arci Pintupi. Un raccolto e grazioso circolo culturale in Brianza. Soffitto e parte delle pareti in legno, tanto da sembrare uno chalet-club, un'olfattiva illuminazione molto Woody Allen-Style & Jazzy. Una programmazione di tutto rispetto. 11 anni di attività, nel corso del tempo hanno fatto tappa qui: Cesare Basile, The Gang, Marco Parente, Giorgio Canali & Rossofuoco, Edda, Fratelli Calafuria, Veronica Sbergia & Max De Bernardi, The Spleen Orchestra, Olly Riva And The SoulRockets, Yuri Beretta, Caso, Babbutzi Orkestar. E pochi giorni fa: The Royal Ukulele Pirate Orchestra e la cantautrice-rock australiana Brigitte Handley. Tra i prossimi: Xabier Iriondo (Afterhours) e Cesare Malfatti, ex-La Crus. Ilaria Pastore, tre incisioni all'attivo (l'omonimo demo autoprodotto, "Nel mio disordine" (2010) e il recente "Il faro la tempesta la quiete" (2016), dopo avere militato in alcune rock band, dà vita all'Ilaria Pastore Trio. Supportata dai preziosi consigli dei chitarristi Walter Lupi e Gigi Cifarelli ("Con i loro insegnamenti ho dato inizio ai miei primi significativi passi") , partecipa a diversi concorsi e rassegne musicali. Si aggiudica i premi "Nuova Musica Italiana" e "Liberi Gruppi di Radio Popolare" e entra in finale in numerosi altri, tra cui "Arezzo Wave" e "Musicultura". Mi dice che tra le sue colleghe che più ammira ci sono la francese Camille e Ani DiFranco. "Ho ascoltato molto Carmen Consoli. Ammiro tantissimo Cristina Donà e da adolescente i miei preferiti erano i Police". Con Lei, vogliamo anche parlare di cosa significa essere musicisti oggi. Perchè, tra i più, è ancora luogo comune che chi canta e suona "è una persona che si diverte", poco a che fare col lavorare. Che gira l'Italia e altre nazioni, se la spassa. La realtà, come sappiamo, è molto diversa. Quando intraprendi una tournèe, non vedi tanto monumenti, centri storici, borghi e piazze bensì autogrill, autostrade, strade secondarie, ristoranti o trattorie dove mangiare in fretta e furia (tra le prove e il concerto). E il giorno dopo devi ripartire: altri kilometri da macinare magari stretti su un furgone, l'inevitabile dormiveglia, ecc. ecc. E poi c'è quel detto del "poeta", che pesa come un macigno: "uno su mille ce la fa". Talk Talk: Ilaria Pastore è un elogio alla cordialità. Non elude domande. Anzi, è un fiume in piena.
Riesci come musicista ed artista a sbarcare il lunario a fine mese?
Fortunatamente sì. Mi mantengo con l'attività live, quest'anno ho avuto la possibilità di effettuarne più di una cinquantina. Spero di arrivare, in breve tempo, a cento. Ride. Poi qualcosa si guadagna con la vendita dei cd, soprattutto alla fine dei concerti. Vuol dire che sono piaciuta. Negli ultimi tempi ho fatto parte del cast del musical d'autore "Modì" scritto e diretto da Gipo Gurrado, collaborando anche agli arrangiamenti vocali. Inoltre sono insegnante AIGAM e mi occupo di educazione musicale per la prima infanzia (0-6 anni) secondo la Music Learning Theory di Edwin E. Gordon attraverso il solo uso della voce e corpo in movimento. Questa fetta della mia professione è molto importante per me, poichè è come trasmettere ai bambini la musica, nello stesso modo in cui si trasmette il linguaggio materno. Ecco, quando mi sento fortunata è per queste piccole ma grandi soddisfazioni più che per ragioni di "cassa". Chiedo di essere ascoltata e perciò mi esibisco in location a più dimensioni. Se il posto è piccolo, per questione di cachet, non puoi permetterti la band. Allora, divento una "one woman band".
So che hai fatto concerti anche all'estero?
Sì, ho suonato in Belgio, in Francia, in Svizzera. Tramite Internet mi sono trovata dieci date in Messico. Sono partita in compagnia della mia sola chitarra. Era il 2014, luoghi di frontiera, il fascino di Tijuana e dintorni, poi sempre più tra il centro e il periferico di quei luoghi e di quel popolo. Mi ha colpito molto visitare New Orleans. Un vero paradiso per chi ama, vuole e sostiene la musica dal vivo. In questa città ci sono concerti già a partire dalle 10 di mattina.

Cosa pensi della cosiddetta scena indie? Senti di farne parte?
Tutto sommato sì. Per molti artisti sono preclusi canali radiofonici e televisivi. E' un'alternativa possibile e praticabile. Soprattutto, sai una cosa? Mi affascina il pubblico che la segue, perchè esce di casa, viene a sentirti e magari a scoprirti. Ti mette a dura prova: giudica magari con severità, pretende e contemporaneamente ti aiuta a crescere.
E dei vari Premio Tenco, Premio Ciampi et similia?
Sono altre oppurtunità. Sono garanzia di qualità delle proposte. L'ideale sarebbe una rete di collegamento tra queste realtà e che sia supporto continuo per gli artisti meritevoli. (Aggiungo io: è un'ipotesi che dopo alcuni tentativi falliti, forse sta per diventare realtà)
Come mai tra i musicisti italiani non ha mai preso forma, un'associazione o qualcosa di simile ad sindacato che vi tuteli in quanto lavoratori del mondo dello spettacolo?
Difficile da dire, forse perchè alla fine si finisce sempre con l'essere manager di te stessi. All'estero, c'è più capacità di fare collettivo. Costruire insieme aprirebbe altre possibilità, incanalerebbe una forza capace di costruire al meglio. Giorno per giorno. Nel frattempo, mi sento di dire che tutto sommato sono serena. Vivo di musica. E' una gioia immensa. Suonare live non è solo andare e tornare. E' l'occasione per conoscere chi lavora nei club, stringere nuove amicizie, iniziare nuove collaborazioni. Ciò mi permette di esprimere i due lati di me, quello più nascosto e quello più esposto.
Che rapporto hai con i social network?
Divertente. Ma non ne abuso, una volta al giorno. Preferisco scrivere. Lo faccio in continuazione, abbozzo e sviluppo di tutto. Le realtà quotidiane quanto i tratti più spirituali. Sono molto affezionata all'oggetto disco. La musica liquida, con tutta probabilità, ha un pò sminuito la progettualità. Si è sempre più alla ricerca di un "singolare apripista" , l'intero lavoro rischia di diventare contorno. Comunque, si chiudono e si aprono nuove difficoltà e altrettante possibilità.

Il concerto. Grande padronanza del palco, grazie alla sua disinvoltura e capacità di instaurare, sin dai primi attimi, un feeling diretto col pubblico. Che pian piano ha riempito il locale. La performance decolla grazie alla profondità delle liriche, alla sua ironia tra un brano e l'altro, i piacevoli tocchi chitarristici. Un'ora e mezza con scioltezza. Tra i brani, si ascoltano "Jole", un movimentato dialogo allo specchio e tutta grinta sulle sei corde, "Compro oro", coinvolgente nella sua trama tra l'indagare e l'esatto contrario, "A volte", che emana luce come una dinamo sulla bici, "Il dubbio", rimarcato in quanto profumo preferito, "Decifrato", dove Ilaria Pastore si cala nel "maschile" e si mette nei panni di un uomo lasciato dalla sua compagna. Non mancano i bis. In cui c'è l'esecuzione di "Polaroid", composta osservando la propria madre che stende i panni. E che Ilaria trasforma in punti di domanda. Per giungere ad una conclusione-appello: "Vivi adesso la vita che ti vorresti addosso".
Foto di Francesca Brusca e di Alez Giovanniello

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