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LAURA MVULA: 50 sfumature musicali (Recensione Concerto)

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 11 nov 2017
  • Tempo di lettura: 3 min


LAURA MVULA

JazzMi 2017

9 Novembre 2017

Alcatraz

Milano

Voto: 7

Di Miki Marchionna

Attitudine rock, sfumature pop, classe da jazz woman e il calore del soul: nella serata del 9 novembre l’Alcatraz di Milano si è tinto di mille sfumature per il concerto di Laura Mvula, cantautrice inglese all’attivo dal 2012 (Laura Douglas all’anagrafe). L’artista di Birmingham, classe ‘86, si è esibita per la prima volta nel capoluogo lombardo in occasione di JazzMi, festival musicale giunto alla seconda edizione e in programma dal 2 al 12 novembre con oltre 150 eventi. Tra questi, anche il live della cantante di colore, in splendida forma e visibilmente lieta di calcare uno dei palchi milanesi più importanti. Al tempo stesso, anche estremamente distesa e concentrata. A conquistare il pubblico, la sua simpatia, oltre al suo stile e modo di fare musica: penetrante, professionale, divertente e coinvolgente.

Le luci dell’Alcatraz si spengono alle 21,30. I primi a fare il loro ingresso sono i musicisti: chitarra, basso, batteria, violoncello. Si intravedono persino delle percussioni. Poi, nella penombra, durante l’intro strumentale, fa capolino una figura femminile con un grande cappello nero. Si dirige verso il centro. In braccio ha anche una synth guitar di colore bianco. La musica a un tratto si ferma e Laura Mvona alza il viso dritto verso il microfono e inizia a cantare “Overcome’’. Colpiscono subito le sue doti vocali: precisa, sicura, diretta. La canzone d’apertura, già riarrangiata in chiave rock per l’occasione, sfuma sul finale verso sonorità più leggere e quasi reggae. E sarà proprio questo continuo cambio di atmosfere a farla da padrone per l’intera esibizione, durante la quale la cantautrice darà sfoggio della sua poliedricità.


Via il cappello e si prosegue sulla pista elettronica di “Let Me Fall’’, seguita dalle metriche di stampo progressive di “Flying Without You’’. Dal vivo la voce di Laura è ancor più apprezzabile. Nessun effetto ‘sintetico’ come nei pezzi registrati in studio. Tutto è nudo e puro, senza filtri.

L’artista si apre completamente agli spettatori, non solamente durante le fasi colloquiali. Sprigiona la sua arte e i suoi sentimenti spiegando il significato dietro ogni brano, rivelando anche ciò che sentiva e pensava al tempo della scrittura degli stessi. Da qui, una serie di tematiche espresse tramite le sette note, come quella sociale di “People’’, relativa ai tempi bui che l’umanità sta vivendo.

Dal momento in cui la cantante si posiziona dietro la tastiera, ci si immerge in una dimensione molto più delicata, lenta, introspettiva e fatta di note lunghe e archi che smorzano in maniera troppo repentina il ritmo iniziale del concerto. Tutto pare sospeso in aria, sottotono.

L’attenzione viene ripresa per la coda solo diversi minuti dopo, con la hit “Green Garden’’, che fa da apripista alla parte conclusiva. Tributo all’interprete jazz americana Nina Simone, con una versione tribale e sensuale della sua “See Line Woman’’. Si rimane nell’universo femminile con il pezzo più pop della serata, “Phenomenal Woman’’. E che il tema femminile sia caro a Laura, lo si capisce facilmente dalla scritta ‘Feminism’ sulla maglietta nera che indossa.

La chiusura spetta a “Make Me Lovely’’, per un calo di sipario piuttosto debole, tanto da spingere il pubblico a chiamare a gran voce un bis che, però, non arriverà.

Un’ora di musica attraverso tanti generi, stili e approcci per questo live di Laura Mvula, talentuosa cantautrice in grado di regalare emozioni anche forti dal vivo, specialmente quando fuoriesce dallo sperimentalismo e preme l’acceleratore sul ‘classico’, mettendo allo scoperto il suo lato più soul.

 
 
 

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