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MOTTA: La pazzesca affinità con il pubblico (Recensione Concerto) #Motta #LaFineDeiVentanniTour

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 8 dic 2016
  • Tempo di lettura: 2 min


Motta

MOTTA

07 dicembre 2016

Monk Club

Roma

Voto: 9

Di Francesca Amodio

“Roma stasera mi prendi dal collo”, recita così uno dei versi di un brano di Motta tratto dal primo disco solista prodotto da Riccardo Sinigallia “La fine dei vent’anni” (Sugar, marzo 2016) dal titolo “Roma stasera”. Ed è così che è Roma, città che ha adottato il talentuoso cantautore pisano oramai diversi anni fa: è una città tanto avvolgente quanto ostile, un ghiaccio bollente perenne. E neanche Motta stasera può sfuggire alla morsa di un impianto acustico del Monk Club che fa i capricci.

Panico? Malumore? Perdite di pazienza a macchia d’olio? Niente di tutto ciò. Dopo oltre un’ora di stop forzato di concerto, il pubblico del romano – pisano Motta è più caloroso di prima, più desideroso di prima, più acclamante che mai: riaverlo sul palco, full band, più carichi che mai dopo l’iniziale e comprensibile nervosismo, è come fare l’amore dopo una brusca litigata.

L’affinità tra Motta - e i suoi, gli eccezionali Cesare Petulicchio (illustre batteria dei Bud Spencer Blues Explosion), Federico Camici al basso, Leonardo Milani alle tastiere e ai cori e Giorgio Maria Condemi alle chitarre - e il pubblico, è pazzesca e tangibile, perché “La fine dei vent’anni” è stato non solo un disco, ma uno stato d’animo in cui tutti almeno in parte ci siamo riconosciuti e ritrovati.


Le ceneri talvolta ancora visibili e meravigliosamente brucianti sono quelle dei Criminal Jokers, band toscana rivoluzionaria nata a Pisa a metà degli anni duemila di cui Francesco Motta è stato il leader, riscrivendone dall’interno i connotati dell’intera storia italiana e non solo del cosiddetto “alternative – rock”, dando finalmente un’identità a questa etichetta fino ad allora così vacua, inconsistente, incollocabile: anche stasera questo artista straordinario, dall’enorme carisma, dalla strabordante personalità, dimostra dal vivo di aver saputo reintrodurre, nel piattume cantautorale di questi anni zero, un linguaggio e una sonorità totalmente nuovi, permeati dalla commistione di atmosfere oniriche, rock, e vita quotidiana.

Si parte con la psichedelica “Se continuiamo a correre” passando per la splendida “Del tempo che passa la felicità”, fino al mantra de “Prima o poi ci passerà”; si prosegue con le commoventi “Mio padre era comunista”, “Una maternità”, “Sei bella davvero”, la bellissima title track “La fine dei vent’anni”, fino alla conclusione col trittico “Roma stasera”, “Abbiamo vinto un’altra guerra” e “Prenditi quello che vuoi” per ciò che riguarda il disco, perché appaiono anche le meravigliose “Fango” e “Cambio la faccia” di criminale memoria, perché “se non le faccio io ‘ste canzoni qua non le fa nessuno”, dice ironico Motta, e di queste perle sentitamente ringraziamo.

Un live intenso ed ipnotico, permeato da voli sonoramente pindarici nelle splendide dilatazioni rockeggianti ed elettroniche degli incisi, degli intro e delle code dei pezzi rispetto alla versione album, che sono tutti una vera e assoluta goduria per occhi e orecchie.

Il Monk Club si conferma anche quest’anno uno dei locali capitolini più attenti ad una programmazione di qualità e all’avanguardia, e Francesco Motta si conferma una delle realtà musicali italiane attuali che è quasi un miracolo.


 
 
 

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