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Patti Smith: una magnetica icona

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 20 giu 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

Patti Smith

Live @ Villa Arconati Milano

20 Giugno 2015


Ci sono artisti che nel corso della loro carriera hanno conquistato una fama ed un prestigio tali da essere poi assumere il ruolo di “icone”, santini della musica.

Ci sono artisti che hanno una capacità magnetica, un carisma tale che li accompagna ovunque ed in tutti i loro momenti espressivi

Ci sono artisti che hanno una capacità di stare sul palco e di catturare l'attenzione, coinvolgere il pubblico, farlo muovere, farlo cantare o anche “semplicemente” (sembra facile) farlo stare zitto ad ascoltare.

Ci sono artisti che raccolgono tutte queste caratteristiche in se. C'è Patti Smith.

Per l'ennesima volta la “sacerdotessa del rock” approda in Italia, questa volta con otto date tappe inserite nel tour di celebrazione di “Horses” il suo fulminante disco d'esordio del 1975.

Non voglio soffermarmi sul disco di cui ormai sappiamo tutto e la cui importanza è indiscutibile.

Voglio invece raccontare ciò che è successo, o meglio ciò che è arrivato dal palco di Villa Arconati durante il concerto milanese.

Innanzitutto il luogo: una fantastica villa alle porte di Milano (a Bollate) dove da parecchi anni si svolge uno dei più bei prestigiosi festival della città. Ogni volta venire qui in questo fantastico giardino, in quella che è definita la Versailles di Milano, tra statue e fontane è un vero piacere e già predispone bene l'animo (quando – mai – i lavori di ristrutturazione totale della villa saranno finiti il piacere sarà ancora maggiore).

E' in questo contesto che Patti Smith, amatissima dal pubblico, è salita sul palco (e presuppongo che la stessa musicista non sia rimasta indifferente al luogo). Riproporre oggi, dopo 40 anni quel disco non era che un'occasione.

Di fronte a noi c'era una signora di 68 anni con i capelli completamente bianchi ma con un'energia ed un magnetismo intatti.

Sicuramente i molti decenni di palco contribuiscono a dare più consapevolezza ed esperienza, sicuramente dopo questo tempo sai come porti al pubblico e cosa esso richiede e cosa dargli, è il mestiere, ma se certi elementi ti mancano non c'è tempo che possa darteli.

Sicuramente il pubblico era lì per lei, nessuno era critico, tutti ben disposti, quasi adoranti e la risposta è stata quella che ci si aspettava. Un personaggio sciamanico, coinvolgente, che riesce a comunicare con i suoni, con le parole ma sopratutto con le emozioni. E di quelle francamente ce ne sono state parecchie.

Tra musica, reading, improvvisazioni (ed errori) la Smith ha dimostrato come la sua potenza carismatica sia ancora oggi intatta ed ancor più rinforzata dalla bellezza ed importanza del disco che sta (ri)portando in giro.

Al netto della musica comunque Patti Smith è una grande performer, capace, al di là delle qualità vocali e delle stonature, di conquistare il pubblico, lasciandolo in perfetto silenzio o coinvolgendolo in infuocate ed immortali rock song.

Non potevano mancare le grandi hit ma anche doverosi tributi al passato. Dal palco la sola band (i figlio Jackson alla chitarra insieme all'immancabile Lenny Kaye) ricorda i Velevet Underground rileggendo la loro “Rock & Roll” mentre il concerto si chiude su Patti Smith che interpreta My Generation degli Who con una lunga chiave psichedelica (peraltro il brano era una bonus del disco Horses)

Dunque un concerto di grande suggestione ed emozione.

Due soli appunti, non perfettamente a punto l'aspetto sonoro (per lunga parte del concerto la chitarra di Kaye era molto dentro e la voce di Patti – ma non poteva essere altrimenti – molto fuori).

L'altro appunto è per la Smith che sopratutto sul finale sembra farsi prendere un po' la mano dal “personaggio” andando un po' sopra le righe sino a perdere la sua potenza, diventando quasi una “macchietta”. Ma ci sta.

Voto: 9


 
 
 

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