VINICIO CAPOSSELA: Il suo viaggio nell'inverno a bordo delle emozioni #VinicioCapossela #OmbreNe
- Redazione
- 5 dic 2017
- Tempo di lettura: 4 min

VINICIO CAPOSSELA
OMBRE NELL'INVERNO TOUR
4/12/2017
Teatro Nazionale
Milano
Voto: 8
di Giorgio Zito
Un instancabile Vinicio Capossela (è in tour praticamente dall’inizio dell’anno, con quattro spettacoli diversi) si presenta puntuale poco dopo le 21,00 al Teatro Nazionale di Milano, mentre in sala si tacciono le civette e si sentono gli zoccoli di un mulo che si avvicina. Capossela, con un cappello ricoperto da una fascina, attacca una versione blues sporca e ridotta all'osso di Scorza di mulo. Si entra così in questo secondo viaggio nel mondo delle ombre, “Ombre nell'Inverno". dopo la prima parte di questa primavera.

Il palco è ancora celato da due teli trasparenti su cui vengono proiettate le ombre, ma la band è leggermente cambiata (Glauco Zuppiroli al contrabbasso, Victor Herrero e Alessandra Asso Stefana alle chitarre, Giovannangelo De Gennaro alla viella, aulofoni e zampogna, Peppe Leone alle percussioni, Vincenzo Vasi al theremin, marimba e campioni), e la messa in scena sul palco vede la band più raccolta, quasi davvero a volersi scaldare dal freddo dell’inverno (reale e figurato) intorno a quel bidone di latta al centro del palco, come i barboni intorno al fuoco.
E davanti al fuoco del bidone si ferma Vinicio per eseguire il suo omaggio al Natale, “Sante Nicola”, accompagnato da un organetto a manovella. Ma con il suono del piccolo mini pianoforte si entra subito nel mondo delle ombre e delle le creature della cupa, con un set che vede eseguire in sequenza “Il Pumminale”, “La Notte Di San Giovanni” e “L'angelo della luce”.
Da qui il viaggio si sposta, e dal buio della notte e del bosco, si passa al buio delle profondità marine. Capossela si siede al piano, e legge una lettera in cui un volontario della ONG Sea Watch descrive uno dei tanti naufragi di immigrati nel mediterraneo. Così introduce “S.S. dei Naufragati”. Uno dei momenti più intensi del concerto, e la dimostrazione di come una grande poesia possa anche cambiare il suo significato al mutare della realtà circostante. L’entrata in scena di un organetto a manovella a forma di balena introduce “Goliath”, e il viaggio negli abissi, in un altro tipo di mondo oscuro, prosegue con altri tre estratti dal quel vero capolavoro che fu Marinai, profeti e balene: Polpo d’amor, Pryntyll e Lord Jim.
Terzo stacco, e Vinicio diventa più intimista, con una serie di brani tra i più apprezzati dal suo pubblico: prima una splendida versione al piano di “Dall'altra parte della sera”, poi una toccante “Orfani ora”, in cui la band entra con discrezione e nel cui finale il velo che la nasconde e su cui vengono proiettate le ombre si apre, e sul palco scende la neve.
La band ormai disvelata si avvicina al proscenio e si posiziona intorno al bidone, come per scaldarsi al fuoco dal freddo dell'inverno, e le note del mini piano ci portano ne “Il Paradiso Dei Calzini”, a cui segue l’affascinante storia de “I Pianoforti Di Lubecca”, che vede un Vincenzo Vasi incontenibile, vero uomo ovunque di questa formazione, che colora ogni cosa di suoni strani e inconsueti ma perfettamente adatti alla musica del capo. Inventa rumori con ogni cosa e senza tregua, e in chiusura del brano dal suo theremin esce perfino un omaggio alla voce della Callas e alla sua Casta diva.

Qui si entra nella parte conclusiva del viaggio, quella dedicata al folk e alle radici di Capossela, musicali e culturali. La band riprende posizione, Vinicio si siede al piano e attacca “Con una rosa”: ora le ombre sono proiettate su un piccolo telo posato sopra il suo pianoforte, e lui parla con la sua ombra. Il suono di una zampogna introduce “Pettarosa”, e la parte dello show dedicata all'anima più folk e tradizionale. Capossela va alle sue radici, nel paese dei coppoloni. Le luci che scendono dall'alto restituiscono un’ambientazione da festa di paese, lui prende la fisarmonica e parte la festa per “Lo sposalizio di Maloservizio”, a cui segue il racconto del paese che si svuota della modernità, con Il treno che è arrivato una mattina, a svuotare il paese con tutte le sue figure strane e tipiche di una piccola realtà di provincia. Il fenomenale percussionista Peppe Leone introduce con un assolo al tamburello “Il ballo di San Vito”, presentata in una versione incendiaria, condita di luci rosso fuoco, fumi, diavoli, corna, forconi e personaggi mostruosi che imperversano e scendono tra il pubblico, mentre la band esce dal palco.
Pochi secondi di pausa e si torna per il bis: Capossela si presenta nelle vesti di Sante Nicola per un divertente monologo quasi a ruota libera, sulla paura e gli imprenditori della paura, sui questi tempi in cui il white christmas diventa black Friday, un monologo che serve per arrivare alla beneaugurante e conclusiva Ovunque proteggi, accompagnata solo dall’organetto a manovella.
Per l’ultimo bis rientra ancora da solo, il piano diventa un pianobar, e qui, seduto al piano, racconta e si racconta, come fosse davvero al bar tra amici. Racconta di se e della “sua” Milano, di questa città così cambiata, con pochi locali per suonare e tanti parcheggi sotterranei, e quartieri diventati dormitori. Saluta gli amici tra il pubblico (Vincenzo Costantino Cinaski e Paolo Rossi) e chiude con una bella versione di In clandestinità dopo due ore e trenta ininterrotte di concerto.
Scorza di mulo

Sante Nicola
Il Pumminale
La Notte Di San Giovanni
L'angelo della luce
S.S. dei Naufragati
Goliath
Polpo d’amor
Pryntyll
Lord Jim
Dall'altra parte della sera
Orfani ora
Il Paradiso Dei Calzini
I Pianoforti Di Lubecca
Con una rosa
Marajà
Pettarosa
Lo sposalizio di Maloservizio
Il treno
Il ballo di San Vito
Ovunque proteggi
Voto 8,0
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