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VINICIO CAPOSSELA: Il viaggio fantastico nell'ombra (Recensione Concerto) #VinicioCapossela #Can

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 28 feb 2017
  • Tempo di lettura: 3 min


Vinicio Capossela Foto di Giorgio Zito

VINICIO CAPOSSELA

27 Febbraio 2017

Teatro Colosseo

Torino

Voto: 8

Testo e foto di Giorgio Zito

Entrando in teatro si viene accolti in una sala in penombra, in lontananza il verso di civette e animali notturni, i suoni del bosco di notte, che ci introducono a quello che sarà il nuovo tour di Capossela. Il palco è velato da un grande telo nero trasparente, dietro al quale prendono posto otto musicisti vestiti interamente di nero, e Vinicio, con un copricapo ricoperto di rami e arbusti, che si accomoda al piano (dove resterà per i primi tre brani), quasi dando le spalle al pubblico, e attacca con le prime note tratte dal suo ultimo album, il suo tour teatrale "Ombra. Canzoni della Cupa e altri Spaventi". Dal lato Ombra del suo ultimo lavoro sono tratti i primi brani del concerto, l’ossatura di questo spettacolo. Vinicio ci conduce in un mondo popolato da strane creature, Le Creature della Cupa, dove si incontrano animali, come il mulo di Scorza di mulo, anticipato e accompagnato da rumori di zoccoli e dalle percussioni, in un atmosfera che richiama Tom Waits, e umani dalle storie particolari, come quella di Mastro Giuseppe raccontata ne Il Pumminale (con le figure antropomorfe e animali notturni, le cui ombre compaiono alle spalle della band), o di Maddalena la Castellana, all’inquietante La Notte di San Giovanni. In questa prima parte, piena di rumori e suoni strani, spicca la figura di Vincenzo Vasi, vero "uomo - suono", che passa con estrema disinvoltura e facilità dalle tastiere alle percussioni, dal theremin alla voce, dando ad ogni brano un tocco personale e inconfondibile.


Vinicio Capossela Foto di Giorgio Zito

A La Bestia del Grano, presentata in una versione trascinante dove dominano le percussioni, segue una serie di brani provenienti dal repertorio passato di Vinicio. Brucia Troia in una versione durissima, tirata, lancinante, che ben si adatta all’atmosfera della serata, una scurissima Vinocolo cantata con voce profonda, che graffia e inquieta, una lenta Dimmi Tiresia in cui il concerto si trasforma quasi in teatro – canzone. In Le Sirene la voce di Vinicio quasi dialoga con il pianoforte ed il quartetto d’archi (altra bella sorpresa della serata), e dopo quarantacinque minuti di atmosfere tetre e cupe, sembra quasi di ritrovare la luce.

Segue un breve monologo di Capossela con in mano uno specchio, “riflesso dell’anima”; specchio che poserà sul piano e davanti al quale eseguirà una versione struggente di Parla Piano.

Si torna nell’ombra con una dura versione di Corvo Torvo, e si arriva in Grecia, con i balgamas e la bellissima Scivola Vai Via. Un Capossela in splendida forma introduce con un altro monologo Marajà, forse l’unico brano che sembra un po’ fuori luogo, ma il pubblico apprezza e inizia a scaldarsi, la musica sale, e si capisce che stiamo avvicinandoci al finale. Vinicio con copricapo dalle piume esageratamente lunghe e fisarmonica in mano, apre le danze con Pettarossa, Lo Sposalizio di Maloservizio, e Il Treno, con un finale alla Ennio Morricone. Chiude Il Ballo di San Vito, questa volta in una versione tiratissima, dura, aspra, che non concede nulla al ballo. A questo punto il telo nero davanti al palco finalmente cade e lascia vedere la band in piena luce. Pubblico in piedi sotto al palco e bis immediato, con i classici attesi, da Zampanò a Che coss'è l'amor, e Il tanco del Murazzo a chiudere due ore e quarantacinque minuti di grande musica, con un Capossela in perfetta forma e una band strepitosa, per una serata perfetta.

 
 
 

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