ZUCCHERO: Blues in the rain. A Verona sconfitta anche la pioggia (Recensione) - #Zucchero
- Redazione
- 18 set 2016
- Tempo di lettura: 2 min

ZUCCHERO
16 Settembre 2016
Arena Verona
Voto: 9
di Francesco Bommartini
Trascinante: è questo l'aggettivo principe del primo concerto (di 11!) che Zucchero ha tenuto venerdì 16 settembre sera nell'Arena di Verona. Il cantante classe 1955, Adelmo Fornaciari all'anagrafe, ha battuto anche la pioggia. E non solo con la vicinanza esibita al numeroso pubblico (“mi dispiace davvero, ma per la pioggia non posso fare niente”), bensì con il concerto stesso. Quasi tre ore carichissime, suddivise in tre capitoli, espletati visivamente nei maxischermi posizionati sul palco. Per l'occasione bellissimo, con una scenografia di prim'ordine di cui, se non si è stati presenti, è difficile capire la maestria. Zucchero dedica le prime dodici canzoni del concerto alla sua ultima fatica Black Cat. Dopo Partigiano Reggiano e 13 Buone Ragioni si susseguono gli altri brani, meno conosciuti ma ben vissuti dalla maggior parte delle persone. Notevoli i suoni, altrettanto le prove strumentali dei 13 musicisti che accompagnano il leader maximo, sempre più Che Guevara nello spirito e nel look, tra soli e un suonato in cui si respirano le influenze delle singole provenienze.

La multiculturalità è cifra stilistica di Zucchero da anni, che non per niente dopo Verona affronterà un tour europeo impressionante, che si chiuderà soltanto a metà novembre. Se la prima parte del concerto affascina, la seconda accende gli animi, in particolare con Baila (Sexy Thing), brano ormai storicizzato del rocker emiliano. Durante la sua impeccabile esecuzione quasi tutti si alzano in piedi, anche senza ombrello, nonostante la pioggia battente. Mentre si susseguono Il suono della Domenica, Chocabeck, Madre Dolcissima non posso fare a meno di notare quanto maestosa sia, effettivamente, la voce di Zucchero: piena, grintosa, viva. Il grattato fa parte tanto dei testi quanto dell'ugola, il blues scorre nelle vene di questo artista, amatissimo e criticato perché rappresentante del mainstream, nonostante il suo andamento ruspante e la grande partecipazione emotiva, che non lesina nemmeno alla prima data di due mesi intensi.
La terza parte - in cui vengono proposti classici come Così Celeste, Per colpa di chi, Diavolo in me – serve a sublimare queste sensazioni e a strappare un “bravo” convinto anche a chi, come me, aveva delle preclusioni su un artista vero.

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