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I'M NOT A BLONDE: Felicità dell'Evolution Parade (Intervista) - #ImNotABlonde #DopoLavoroBes

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 29 lug 2017
  • Tempo di lettura: 5 min


I'M NOT A BLONDE

Sull'onda del loro funambolico sound

Intervista di Massimo Pirotta

Foto Live di Norberto Ambrosiano

28 Luglio 2017. Abbiamo incontrato le I'm Not A Blonde prima della loro esibizione alla Rotonda della Besana, uno dei luoghi più suggestivi della metropoli milanese. Un live inserito nella rassegna chiamata "DopoLavoroBesana" che quest'anno ha avuto nel suo cartellone altre interessanti proposte, tra cui, La Banda del Pozzo, Palazzo, Birthh, Bruno Bellissimo. Tutti i concerti sono iniziati più o meno intorno alle 20.00 tali da divenire anello di congiunzione tra il relax post-lavorativo e la movida dalle luci notturne. Solo che con le I'm Not A Blonde puoi anche ballare da subito, risparmiando così il costo del biglietto della discoteca o un'ulteriore consumazione obbligatoria nei disco-pub disseminati un pò ovunque a Milano

Il duo al femminile, formato dalle polistrumentiste Chiara Castello e Camilla Matley è una realtà dal respiro internazionale, che guarda in più direzioni e che alla rincorsa preferisce l'anticipo. Attive dal 2014 nel corso di questi tre anni hanno saputo catturare l'attenzione a più riprese, grazie alla loro insaziabile voglia di ricerca che abolisce stereotipi e travalica confini, crea inediti legami magari sovrapponendo ciò che a prima vista pare improbabile. Ma se ci lavori a fondo la soluzione la trovi sempre. Ed è particolarmente seducente in quanto fortemente desiderata e inaspettata. Si autodefiniscono arty-electro-pop. A novembre uscirà "The Blood Album", il loro nuovo disco preceduto a settembre dal singolo "Daughter". Tra le realtà della nuova ondata creativa, Camilla cita Echopark, un musicista leccese in quel di Londra (e mi dice della sua grande passione per la fotografia pop. Laddove i colori esplodono). Chiara, invece, sgrana gli occhi menzionando La Rappresentante di Lista.


Mi ha sempre incuriosito il vostro nome, la vostra "ragione sociale", da dove salta fuori?

Chiara Castello: E' un nome che abbiamo scelto in chiave ironica e provocatoria. Contro clichè e preconcetti. Spesso la figura femminile negli ambienti musicali viene presa soprattutto in considerazione in quanto interprete o cantante.. Hai più difficoltà se sei una strumentista. Ma noi siamo questo e se vuoi è il nostro botta e risposta a "To Be A Blonde" che sottintende il "sei un tantino o parecchio stupida".

La vostra attività live è in crescendo, quali sono stati gli eventi che ricordate con particolare affetto?

Camilla Matley: Ricordo ancora con emozione il nostro esordio. Eravamo tesissime, parecchio intimorite. Avvenne al Beat '75 sempre qui a Milano. Era una sorta di locale-studio di registrazione e davanti a noi c'era una platea, come dire parecchio "specializzata". Quando terminammo il nostro set e ci applaudirono in modo convinto, scattò in noi la scintilla che ci fece proseguire sulla strada che attualmente stiamo percorrendo. Poi un festival in Trentino chiamato "Sot Ale Zopa" dove ci esibimmo tra la "severità" delle Dolomiti e il pascolare delle mucche dietro il palco. Fu fantastico. Non posso dimenticare la nostra performance "museale" al MART di Rovereto davanti ad un folto pubblico e che fu una mossa, voluta dagli organizzatori, per attrarre nuove persone oltre alle solite e per creare possibili interazioni artistiche. Scommessa vinta. Nel periodo più recente, è stato particolarmente importante per noi avere la possibilità di esibirci al prestigioso "Wired Next Fest". Lì c'era un pubblico eterogeneo ed è stata una bella prova da superare. Se ce la fai in situazioni come queste, ne esci ulteriormente cresciuta sia come persona che come artista.

Alcuni giorni fa sui social network, il cantautore anarchico Alessio Lega, ha dichiarato che "non ha mai aperto un concerto per nessuno e nessuno lo ha mai aperto a me". Ovvero: nessuno è maggiordomo ma siamo tutti al servizio del pubblico, dello spettacolo, delle nostre storie. Vale una riflessione.

C.M. : Non saprei con esattezza. Personalmente non sono contraria a par farte di un percorso che deve fare i conti con la notorietà. Sono consapevole di tutti i rischi che comporta. Per me essere supporter di Verdena, Levante, Bluvertigo, tre realtà molto diverse tra loro e di conseguenza con altrettanti pubblici diversificati, mi è servito per confrontarmi ed osservare il tutto da più angolature e profondità.

C.C. : Qualcosa da correggere e sistemare c'è senz'altro. Varia da situazione a situazione. Lo capisci da subito, quando arrivi e devi fare le prove: il rapporto che riesci ad instaurare con i tecnici è fondamentale. In alcune situazioni, sei costretta a suonare con un volume più basso rispetto a chi viene dopo. L'importante è essere rispettate e fare capire che tu vali quanto l'altro sia sul lato umano che su quello artistico. Dove tutto è soggettivo.

Il rock dopo essere stata la musica giovanile per eccellenza, un linguaggio universale, la colonna sonora del XX secolo, mi sembra che stia diventando una musica per vecchi. Che ne pensate?

C.C. : Viviamo mutamenti veloci. La tecnologia, ma non solo, ha destrutturato alcuni modi di scrivere e di proporsi e li ha sostituiti con altri approcci.

C.M. : Il rock odierno è senz'altro più normalizzato ed è parecchio in difficoltà nell'evolversi. Ma chi non l'ha amato? E di certo non si può buttare a mare. Io sono cresciuta a pane e new-wave.


Vi sentite parte della scena indie italiana?

C.C. : Fatichiamo a sentircene parte. Siamo un pò in difficoltà a trovare una nostra specifica collocazione.

Cosa pensate dei talent-show?

C.M. : Due anni fa venimmo interpellate dai responsabili di "X Factor". Ma rifiutammo. Non per integralismo ma perchè ritienamo che siano ambiti per giovanissimi, alle prime armi, di esordienti veri. Noi non siamo di certo anziane ma neppure due diciottenni. Al compromesso che per forza accade, preferiamo instaurare nostri percorsi. Per quanto riguarda la partecipazione di Manuel Agnelli in qualità di giudice, beh... meglio lui di altre persone messe lì un pò troppo a caso. Conosce certe dinamiche e in qualche modo vederlo lì può aiutarti ad essere più speranzose e fiduciose. A credere ancora con più convinzione in quello che fai.

L'anno scorso siete state premiate a "Musica da Bere", uno dei più importanti contest nazionali.

Che ricordo avete e soprattutto è servito?

C.C. : Avevamo già partecipato a situazioni simili, tipo Arezzo Wave o alle selezioni per partecipare al Szigest Festival. Molti complimenti ma di concreto poco nulla. Siamo sbarcate lì senza avere alcuna aspettativa. Poi invece.... Si, certo che è servito. In quel contest c'è anche un riconoscimento in denaro. Mille euro. Le abbiamo usate per realizzare il nostro nuovo disco.


Vi piacerebbe comporre una colonna sonora oppure realizzare sonorizzazioni per ambienti?

C.M. : Wow! Vuoi la verità: è il mio sogno. Per ora nel cassetto, ma siamo qui belle pronte se qualcuno si fa avanti.

Come nascono i vostri testi?

C.C. : Sono io a scriverli. Parto da una suggestione, abbino una melodia, creo flussi sonori e di coscienza. Passo dall'immaginazion, dal non ancora narrativo al narrativo compiuto.

Solo musiciste o anche altro?

C.M. : Io continuo con la mia attività di architetta. E' un lavoro che mi aggrada e mi permette una maggiore tranquillità economica. Cosa non secondaria.

C.C. : In contemporanea insegno canto e lingua inglese, collaboro con altri progetti musicali. Dopo avere fatto parte dei 2 Pigeons, sto lavorando con Cesare Malfatti (La Crus) e Lezziero Rescigno (Amor Fou). Entrambe ci sentiamo fortunate. Riuscire a combinare più cose non è scontato. Ci fa battere il cuore.

Qualche anticipazione sul live di stasera?

C.C. : Eseguiremo alcuni brani a noi particolarmente cari come "If", "A Reason", "Stop Tempo", "The Forest" (cover dei Cure) ed inoltre "Five Days", un inedito che sarà uno dei temi del nuovo disco e "digitalizzeremo" e daremo una nuova veste ad un famoso brano country-texano.

Quindi il live. Ovvero: grande padronanza del palco, l'essere in due ma fare per otto, vortici elettronici, vivacità chitarristica (Camilla), repentini cambiamenti ritmici, il cantato che vola alto tra più paesaggi sonori, il gesticolare delle mani teatrale e che diviene strumento "surplus" (Chiara). Davanti ad una platea, benvenuta nel mondo delle loro bizzarrie, che gradisce ed è rapita dalla loro performance. Ad occhio e croce, circa 400 persone da soddisfare.


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